Imballaggi biodegradabili: come si realizzano e quanto aiutano l’ambiente

Qualsiasi forma o tipologia di involucro capace di degradarsi e decomporsi naturalmente, al termine del suo ciclo di vita, prende il nome di imballaggio biodegradabile. Il termine viene utilizzato, in senso ampio, per descrivere ogni tipo di packaging che possa essere assorbito nuovamente dall’ambiente, indipendentemente dal tempo necessario a farlo. Ciò pone un problema di terminologia perché non vi è garanzia che il materiale, nel tempo che impiegherà a decomporsi, non arrecherà danno all’ambiente.

Per essere certo che l’imballaggio utilizzato sia veramente neutrale dal punto di vista ambientale non dovresti limitarti a cercare una confezione biodegradabile, bensì sceglierne una che presenti la dicitura compostabile.

Contenitori biodegradabili

Imballaggi compostabili, la quintessenza della sostenibilità

La dicitura compostabile caratterizza quegli imballaggi in grado di degradare, in maniera rapida e sicura, all’interno di ambienti adatti al compost. Ogni confezione certificata compostabile deve infatti decomporsi entro un lasso di tempo predefinito e limitato, tra i sei mesi e l’anno, in compostiera domestica o industriale, rilasciando nutrienti che arricchiscono il terreno. Il ritorno alla natura è generalmente più rapido all’interno di un sistema industriale ampio, dove possono essere sufficienti anche soltanto pochi mesi per la decomposizione completa, rispetto a uno domestico.

Il compost sostiene l’agricoltura restituendole un terreno ricco e fruttuoso. Gli imballaggi alimentari compostabili costituiscono un brillante esempio di economia circolare: dapprima custodiscono cibo; a fine vita vengono reintrodotti in natura e, a decomposizione completata, contribuiscono a nutrire germogli i quali, maturati, saranno nuovo nutrimento. Se davvero l’obiettivo comune è quello di agevolare e incrementare la circolarità, non è pensabile trascurare il potenziale di questo involucro.

Le caratteristiche dell’imballaggio compostabile

L’imballaggio compostabile è costituito da materiali di origine organica. È naturalmente biodegradabile in quanto si decompone al 100% generando biomassa, acqua e anidride carbonica nonché recuperabile, come indica il nome stesso, attraverso un processo di compostaggio.

Se ogni materiale compostabile è anche biodegradabile, l’affermazione contraria non è altrettanto vera. Esistono infatti numerosi materiali, tra cui svariate bioplastiche, che pur rientrando nell’insieme delle sostanze biodegradabili non sono compostabili. Particolare attenzione va riservata a tutti quegli imballaggi che vengono definiti oxo-degradabili. Tale nome trae infatti in inganno: questi materiali non sono né compostabili né biodegradabili.

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Oxo-degradabile: attenzione al prefisso

La plastica oxo-degradabile, ad esempio, non è che plastica prodotta in maniera consueta. Quel che la rende oxo– (talvolta anche osso-, prefisso derivato dal gruppo carbonilico CO, come in ossigeno) è l’aggiunta di additivi che ne accelerano la degradazione per frammentazione, in frazioni minuscole. Questo processo rispecchia quello affrontato dai materiali biodegradabili, i quali rientrano in natura riducendosi in particelle sempre più piccole, finché non vengono ingeriti dai microrganismi.

Non esistono però prove di alcun tipo per attestare l’effettiva biodegradazione completa degli oxo-materiali in tempi ragionevoli, come ha specificato Bruxelles nell’ultimo aggiornamento della Direttiva 94/62/CE, il regolamento per lo smaltimento dei rifiuti d’imballaggio. Con la dicitura “tempi ragionevoli” intendiamo una decomposizione pari o superiore al 90% in un periodo di 6 mesi, come stabilito dall’Europa. Per tal motivo, l’utilizzo della parola biodegradabile non è consentito quando si descrivono questi materiali.

La bioplastica compostabile nel quadro del Green Deal europeo

Un’aumentata sensibilità verso la raccolta differenziata, l’implementazione di servizi porta a porta in gran parte dei comuni italiani e l’introduzione del sacchetto compostabile per la raccolta dell’umido hanno comportato un notevole passo avanti nella gestione dei rifiuti.

L’imballaggio compostabile acquisisce rilevanza considerevole alla luce del Green Deal, il programma redatto dall’Unione Europea che mira ad azzerare le emissioni degli Stati membri entro il 2035. Tra le linee guida del piano ve ne sono tre profondamente legate all’adozione di un packaging sostenibile:

  • L’impiego di materiali climaticamente neutri;
  • L’introduzione di un sistema di bioeconomia circolare sostenuto dall’innovazione tecnologica;
  • Il recupero degli scarti organici.

Il raggiungimento di questi obiettivi si avvicinerebbe sensibilmente se sostituissimo, in tempi brevi, la plastica che utilizziamo per le confezioni con bioplastica compostabile. Sebbene non sia possibile, ad oggi, una sostituzione integrale, la tecnologia ci consente già di impiegare materiali eco-friendly per gran parte dei prodotti confezionati. Tutti gli involucri a base di carta, cellulosa, alghe o PLA (acido polilattico) sono biodegradabili.

Tutti i vantaggi della bioplastica compostabile

Sono già stati descritti molti pregi di un imballaggio compostabile e biodegradabile, enfatizzando circolarità e sostenibilità. In aggiunta a ciò, questo tipo di packaging presenta ulteriori caratteristiche positive per l’ambiente, le quali lo rendono strumento irrinunciabile in una fase di transizione energetica come quella che ci apprestiamo ad affrontare.

Imballaggi biodegradabili

Quali sono i principali vantaggi della bioplastica compostabile e degli altri materiali da imballo ambientalmente neutri? Vediamoli:

  • L’imballaggio compostabile limita le quantità di scarti alimentari destinate alla discarica, in quanto consente il recupero dei residui alimentari in maniera efficace. Pensiamo a una bustina di tè o una capsula di caffè già utilizzate: al loro interno resta un elevato quantitativo di prodotto. Perché gettarlo in discarica quando potrebbe diventare fertilizzante in compostiera?
  • Le componenti biologiche dell’imballaggio compostabile rilasciano materiali organici che fertilizzano il suolo apportando carbonio. Si crea così quel concime naturale (compost) di elevata qualità tanto desiderato dalle aziende agricole e florovivaistiche.
  • Nonostante il consumatore ne sia raramente consapevole, spesso la plastica finisce per contaminare la raccolta differenziata di altri rifiuti. Frequentemente nell’umido si trovano rimasugli plastici giunti per errore, o distrazione, dove non dovrebbero stare. La plastica riduce la qualità del compost e aumenta costi e tempi di produzione in quanto crea la necessità di separarla; l’utilizzo di bioplastica compostabile azzererebbe questo rischio.
  • Altro vantaggio riguarda l’esperienza del consumatore: quanti rinunciano a una differenziazione corretta, o addirittura alla raccolta differenziata per intero, perché non disposti a compiere operazioni scomode e poco piacevoli (ripulire accuratamente stoviglie usa e getta, separare per materiali quel che stanno gettando via…) oppure svogliati? Un imballaggio compostabile accelererebbe anche queste operazioni di gestione, in quanto lo si potrebbe gettare in compostiera senza separarlo dal suo contenuto.

Appare chiaro, a questo punto, come un utilizzo su larga scala di imballaggi compostabili possa davvero rappresentare un passo importante nell’adozione di un sistema economico circolare, nel quale i rifiuti non diventino scarti bensì vengano reintegrati nel ciclo produttivo e dunque riutilizzati.

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